Studio Berlin — Domani, e domani e domani

Rirkrit Tiravanija · Morgen ist die Frage, 2020, Studio Berlin/Berghain, courtesy neugerriemschneider Berlin. Foto: Noshe

Rirkrit Tiravanija · Morgen ist die Frage, 2020, Studio Berlin/Berghain, courtesy neugerriemschneider Berlin. Foto: Noshe

Fokus

Temporaneamente chiuso da marzo causa Covid-19, il Berghain, leggendario club berlinese, ospita fino a dicembre la mostra Studio Berlin. L’esposizione, organizzata dalla Boros Foundation, presenta le opere di 117 artisti, tra cui anche Julian ­Charrière, che partecipa con un’opera video.

Studio Berlin — Domani, e domani e domani

‹Morgen ist die Frage›, dice la facciata dell’ex-centrale elettrica di Friedrichshain. L’opera di Rirkrit Tiravanija ha echi medicei: ‹Del doman non v’è certezza›, infatti, e se già non ce n’era per le creature lunari della scena elettronica berlinese – incerte soprattutto sul luogo dell’after party – nell’era della pandemia questa frase assume tutta un’altra tonalità. L’edificio industriale oggi mi accoglie insolitamente silenzioso: le sue sale sono state allestite con la mostra STUDIO BERLIN, progetto voluto per promuovere e sostenere la scena artistica della città, colpita anch’essa dalla crisi sanitaria di quest’anno. Idea lodevole, anche se, aggirandosi per le immense sale del Berghain, si incontrano principalmente i soliti noti di casa a Berlino, rappresentati da gallerie ben affermate, restando a bocca asciutta se ci si aspettava di scoprire nomi diversi o nuove, emergenti tendenze.
L’esposizione inizia senza presentare particolari sorprese, fatta eccezione per un soundscape di Jesse Darling nel dancefloor, un’installazione di Christine Sun Kim a Panorama Bar, e un’interessante tela di Nadira Husain nel passaggio verso i celebri bagni. È però nella Halle, parte normalmente chiusa al pubblico, che ritroviamo un senso di piacevole stupore e spaesamento: nella penombra della sala, sotto uno sbiadito graffito di un occhio di Horo, troneggiano i bagliori di … Piazza Rezzonico. Si tratta del video di Julian Charrière ‹And Beneath It All Flows Liquid Fire› (2019) filmato proprio a Lugano e presentato al MASI nella mostra retrospettiva del settembre scorso dedicata al giovane artista di Morges. L’immagine in loop ci mostra la fontana di Antonio Bossi di notte, completamente in fiamme a causa del liquido infiammabile usato al posto dell’acqua. La ricerca artistica di Charrière, improntata su questioni relative alla civilizzazione e al suo impatto sull’ambiente, è sublimata da scelte formali che prediligono la perfezione chirurgica dell’alta definizione. La fontana perennemente in fiamme diventa così antitesi della fonte dell’eterna giovinezza: il vitale liquido zampillante, intimamente associato a una natura generosa e rigenerante, si trasforma nei suoi opposti simbolici di distruzione e fissità. Di conseguenza, si stravolge anche il senso dell’incertezza epicurea del luogo in cui l’opera è mostrata, e la sensazione di dover cogliere l’attimo non ha più la sete della ‹Canzone di Bacco›, ma incarna il senso del ‹Domani, e domani e domani› di Macbeth: il mistero del lento, ripetitivo avanzare verso quel domani che sarà l’ultimo.

Elisa Rusca è curatrice, scrittrice e dottoranda in Visual Cultures a Goldsmiths, University of London. elisa.rusca@gmail.com
 

Bis 
31.12.2020

→ ‹Studio Berlin›, Berghain, Berlino, visibile fino a dicembre ↗ www.studio.berlin

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