Le visioni di Santa Lucia — Nostra signora del caso

Angela Marzullo a.k.a. Mikita · Fica Di Barbarie, 2019, prima foto del trittico, colore e stampa su tela in PVC, 414 x 311 cm, courtesy Galerie Nicola von Senger

Angela Marzullo a.k.a. Mikita · Fica Di Barbarie, 2019, prima foto del trittico, colore e stampa su tela in PVC, 414 x 311 cm, courtesy Galerie Nicola von Senger

Fokus

Lo spazio la rada ospita ‹Le visioni di Santa Lucia›, una mostra a cura di Larissa Foletta, che presenta cinque artiste accomunate da una riflessione sul femminile caratterizzata da una decostruzione degli stereotipi di genere attraverso una riappropriazione dello sguardo. 

Le visioni di Santa Lucia — Nostra signora del caso

Una delle iconografie più diffuse di Santa Lucia vede la santa raffigurata con i propri occhi in mano o su un piatto. In alcune di queste rappresentazioni sembra che la santa doni i propri occhi allo spettatore in un processo di delega e di rinuncia all’atto del vedere. Simone de Beauvoir scrive che «La rappresentazione del mondo è opera degli uomini; essi la delineano dal loro punto di vista» affermando come non basti semplicemente dare voce alle donne per avere un cambio radicale di visione, in quanto spesso lo sguardo maschile è profondamente introiettato. È quindi a partire dal titolo che l’esposizione propone una scelta di campo: Lucia da soggetto, colei che viene vista – una delle narrazioni tipiche della cultura cattolica è l’apparizione dei santi – diventa soggetto, colei che vede e che guarda, ricollegandosi alla tradizione delle visioni mistiche, potendo quindi donare il proprio punto di vista. Le visioni sono anche le diverse declinazioni del femminismo, che in questa esposizione sono incarnate dalle artiste invitate a rappresentare e riflettere su diverse epoche e correnti di lotte femminili. Anche se, pur esplorando il ruolo e la condizione femminile ed il rapporto fra i generi, non tutte le artiste esposte si riconoscono o si sono riconosciute nella definizione femminista. C’è ad esempio Fiorenza Bassetti che si appropria di una storia dell’arte prevalentemente maschile, quasi a voler deridere l’idea stessa di opera d’arte, come anche di una certa monumentalità artistica. Per l’occasione ha creato una scultura dal titolo ‹Tirapugni› dove la formina che viene utilizzata per dare la forma alle rosette di pane, e che ricorda appunto un tirapugni, viene ingrandita in una monumentalità ibrida, creatrice e distruttiva. Dichiaratamente femminista è invece il lavoro di Angela Marzullo, la cui riflessione sulla costruzione sociale del genere è esplicita e filo conduttore di tutta la sua pratica artistica – si pensi ad esempio a ‹Performing SCUM› in cui le due figlie dell'artista reinterpretano le scene tra Carole Rossoupoulos e Delphine Seyrig impegnate nello SCUM Manifesto di Valerie Solanas. Quello che accomuna tutti questi lavori è però una dimensione di conflittualità – il ‹Tirapugni› di Fiorenza Bassotti, come anche il coltello di Angela Marzullo, la lotta per venire al mondo di Carlotta Storelli, il pugile della Bassanini o le rime di KimBo – un corpo in lotta, uno spaccato del contemporaneo che, come dichiarato dalla curatrice, ci porta a «riprendere posizione rispetto a una versione precedente di noi stesse.»

Regaida Comensoli storica dell’arte e curatrice indipendente regaida.comensoli@gmail.com

→ ‹Le visioni di Santa Lucia›, la rada Locarno, 13.12.–11.1.
www.larada.ch

Bis 
11.01.2019

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