Marie Matusz — Labirinti di filastroccate
‹Fall› vuol dire caduta, cadere, ma anche autunno, e a settembre l’Istituto Svizzero di Milano accoglie una mostra personale di Marie Matusz, in cui l’artista presenta una nuova serie di opere basate su una particolare raccolta di poesie, le ‹mirlitonnades› di Samuel Beckett.
Marie Matusz — Labirinti di filastroccate
Tra il 1976 e il 1978, Samuel Beckett scrive 37 brevissime poesie che chiama ‹mirlitonnades›, letteralmente «poesie da quattro soldi» – il «mirliton» in francese significa zufolo, e i «vers de mirliton» sono dette poesie che non valgono un piffero. Queste «filastroccate», scritte su supporti di fortuna come sottobicchieri, pacchetti di sigarette, l’etichetta di una bottiglia di gin o fogli di bloc-notes, sono ibridi assurdi, incroci tra simil-haiku di humor nero e epitaffi filosofici. Queste rime apparentemente banali si situano all’origine della ricerca per l’installazione ‹Fall› di Marie Matusz presentata all’Istituto Svizzero di Milano.
Classe 1994, l’artista francese basata tra Berlino e Basilea è affascinata dalle diverse concezioni e espressioni di linguaggio. Nella sua pratica artistica dà origine a installazioni di sculture minimalistiche, opere sonore, film e testi, in un approccio basato sulla ricerca approfondita nella relazione tra significato, simbolo e segno. Nascono così creazioni che vogliono tenere chi le guarda in un universo sospeso, una bolla a-temporale in cui ci si concentra unicamente sul segno e sulla sua attivazione nel momento presente. Matusz si dedica anche alla ri-attivazione di materiali d’archivio storici che, esplorati minuziosamente, vengono presentati al pubblico sotto nuova luce. In questo contesto, la figura di Beckett e le sue filastroccate assumono un ruolo di grande interesse per l’artista.
La forza espressiva e l’assurdità di questi versi brevi diventano quindi lo spunto che Matusz esplora nel pieno delle loro potenzialità: il ritmo, la ripetizione e la composizione, tutti elementi fondamentali del teatro beckettiano, si trovano in queste rime e nell’opera presentata all’Istituto Svizzero. L’artista mette particolarmente l’accento anche sulla distorsione, soffermandosi proprio sull’aspetto formale dello zufolo, lo strumento a fiato che distorce la voce umana e che veniva usato nell’imitazione del canto degli uccelli.
Ci si ritrova dunque in un groviglio di riferimenti che si materializza nella sala espositiva in un vero e proprio labirinto di plexiglas semi-trasparente nei cui meandri si celano oggetti e sculture dalle forme indefinibili. Perdendoci in questa struttura, ci possiamo soffermare tra il nostro riflesso e quello dei corpi intorno a noi: un gioco di maschere e sovrapposizioni che ci porta a riflettere sulla vacuità e sulla caducità di quello che chiamiamo «reale».
Elisa Rusca, storica dell’arte, è conservatrice al Musée international de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge di Ginevra. elisa.rusca@gmail.com
Institutionen | Pays | Ville |
---|---|---|
Istituto Svizzero Milano | Italie | Milano |
expositions/newsticker | Date | Type | Ville | Pays | |
---|---|---|---|---|---|
Marie Matusz | 16.09.2022 - 19.11.2022 | exposition | Milano |
Italien IT |
Marie Matusz |
Elisa Rusca |