Um hineinzukommen, muss man durchs Drehkreuz aus stachelig-unbearbeiteten Tannenstämmen. Das «schon ziemlich barbarische Drehkreuz», sagt Claude Lévêque, habe er «mit dem positiven Bild vom Schweizer Wald» verbunden. Der Besucher wird spürbar mit Ausgrenzungsmechanismen konfrontiert.
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